Un celeberrimo pezzo dell’ hard rock made in UK.
Frutto del genio artistico che ha ispirato e
continua ad ispirare artisti ed appassionati di musica; di una band che ha
fatto proprio, come solo i grandi sono capaci, un genere nato solo pochi anni
prima.
Fonte di emozioni capaci di trasportare
l’ascoltatore in una dimensione ben aldilà dell’estasi.
Basta con i convenevoli:
Deep Purple - Child in time
L’ organo di John Lord è forse uno di più raffinati
della storia del rock, è dietro solo ai pionieri. Solo un artista della sua
stoffa sarebbe stato capace di tradurre in note, in pura e semplice lingua
musicale, quel desiderio di attesa, quasi di ironica curiosità, che si crea a
partire dal primo secondo della composizione. Solo Lord è riuscito a connotare di
una sfumatura differente, con un diverso arrangiamento, uno spartito
precedentemente utilizzato nel contesto musicale fine anni ’70. Nel frattempo,
la batteria di Ian Paice si limita, con molta modestia, a battere un ritmo
semplice,silenzioso e discreto, ma funzionale all’ atmosfera creata da Lord.
Dal min. 0.50 si affaccia sulla
scena Ian Gillan, il quale si inserisce nel contesto musicale precedentemente
creato in punta di piedi, con passo felpato, quasi non volesse fare il
guastafeste. Il suo ingresso non poteva essere più tempestivo. Solo in quel
preciso secondo e con quel carismatico tono di voce riesce a diventare attore
della scena, come al min. 1.40, momento in cui comincia a dare un brevissimo saggio della sua maestria con
le corde vocali, ma utilizzando quell’accortezza necessaria per non esagerare.
Le sue parole ruotano attorno ad un tema scottante: la guerra. Il testo si
caratterizza di una forte e molto percepibile vena malinconica; come se il
destino del “dolce bimbo” fosse stato scritto prima che questi venisse alla
luce, per assolvere ad un solo scopo (Sweet
child in time you'll see the line/The line that's drawn between the good and
the bad), senza che possa tirarsi indietro (And you've not been hit by flying
lead/You'd better close your eyes you'd better bow your head/Wait for the
ricche)
A partire da questo momento comincerà un crescendo
breve, ma straordinario, di tecnica e bravura vocale che proiettano
l’ascoltatore nella imminente corale ascesa melodica; crescendo che nella sua
organicità fa da preludio al culmine, al cuore della composizione, allo
spannung musicale tanto desiderato: la chitarra di Ritchie Blackmore.
Il maledetto, l’eccessivo, il trasgressivo
chitarrista non ha bisogno di commenti. Quando suona sembra che sussurri
all’orecchio: “Ascoltatemi, comuni mortali. Siete capaci di fare altrettanto?!”.
Già dalle prime battute è evidente il feeling con Paice: entrambi sono
consapevoli che adesso dovranno stupire suonando
all’altezza della loro fama. Dopo il repentino cambio di ritmo della batteria
al min. 3.59, Blackmore diventa inarrestabile nella sua foga alla ricerca della
propria estasi, più che di quella dell’ascoltatore; ricerca che sfocia in una
pura follia ed autoesaltazione di se stesso dopo il min. 4.05. Il fraseggio
sulla tastiera è esasperato, dilatato e tirato fino all’ultima nota; non è
concesso un momento di pausa, non è gradito; le dita scorrono rapide,
impazzite; i suoni si accavallano; un attimo di respiro al min. 4.55 e poi
ancora via per dare il massimo. Un connubio favoloso fra melodia e tecnica che
si arresta leggermente con l’ingresso di Lord per qualche breve secondo; poi
ancora Blackmore e Paice in un uragano di emozioni; ed ancora per gridare al
mondo che una Fender Stratocaster può tutto; e poi stop. Pace. La tempesta è
terminata.
Ritorna, come in un ciclo che potrebbe non avere
mai fine, l’ organo di Lord a riportarci sulla terra. Ma la band non è ancora
sazia. Cerca, questa volta, di tendere fino al limite la capacità sonora degli
amplificatori, trova il giusto equilibrio tra gli strumenti e lancia il suo
ultimo assalto. A partire dal min. 8.09 vieni riproposto il crescendo vocale che culminerà al min. 9.34 in uno
scrosciare di note, un tripudio di suoni
e voci amalgamate magistralmente, una sfuriata ricca di energia e grinta alla
quale Blackmore imporrà il silenzio con un potente accordo.
Tutto il resto è noia.
Griffy the Cooper
Nessun commento:
Posta un commento